di Redazione
Sono passati vent’anni da quella sciagurata mattina in cui il piccolo Samuele Lorenzi, di soli 3 anni, viene trovato morto nel letto dei genitori, nella loro villetta nei pressi di Cogne, un
paesino montano in Val D’Aosta. Molte le domande ancora aperte su questo efferato omicidio che ha visto la madre, Annamaria Franzoni, unica indiziata e poi condannata.
Nel documentario in due puntate “Il Delitto di Cogne”, in onda il 30 e 31 gennaio (alle 22.55) su Crime+Investigation, si cerca di rispondere ai
tanti dubbi che ancora rimangono aperti su questo tremendo caso di nera, ripercorrendo i fatti attraverso le voci dei giornalisti (tra cui Alessandra Comazzi de La Stampa, Michele Cucuzza e Gigi
Iorio, il primo fotoreporter ad arrivare sulla scena del crimine) che racconteranno in prima persona quello che hanno vissuto e visto insieme alle testimonianze del Procuratore Capo di Aosta,
Maria del Savio Bonaudio, e dell'avvocato della Franzoni, Carlo Taormina. L’arma del delitto non è stata mai trovata e l’omicidio del piccolo Samuele rimane uno degli infanticidi più efferati
della cronaca nera italiana, diventando un caso mediatico senza precedenti che da 20 anni fa discutere e divide.
Un delitto racchiuso in soli 8 minuti: tra le 8:16, quando Annamaria esce di casa con l’altro figlio Davide, fino alle 8:24, orario in cui dice di essere rientrata. In mezzo, il mistero. Un
mistero che per anni è stato raccontato con ossessione da tutti i media. Otto minuti che hanno cambiato la vita di una famiglia e il modo di raccontare il crime in Italia.
I fatti: il 30 gennaio 2002 Annamaria Franzoni chiama il 118 preoccupata perché il figlioletto Samuele sta perdendo sangue dalla bocca, in un'altra telefonata afferma che gli è scoppiato il
cervello e in un’altra ancora che sta vomitando sangue. Al suo fianco, al momento della telefonata, c’è Ada Satragni, una dottoressa amica di famiglia. È lei, infatti, la prima ad accorrere, e
per lei all’inizio si tratta di un aneurisma ma, all’arrivo dell’eliambulanza, i soccorritori non hanno dubbi: è un omicidio, bisogna avvertire i Carabinieri. L’autopsia stabilisce che al piccolo
Samuele sono stati sferrati una quindicina di colpi con un corpo contundente ma l’arma del delitto non viene mai ritrovata.
Per l’omicidio, il 21 maggio del 2008, la Corte Suprema di Cassazione ha riconosciuto colpevole la madre, Annamaria Franzoni condannandola in via definitiva a 16 anni. L’omicidio di Samuele
Lorenzi ha avuto una rilevanza mediatica inconsueta ed è diventato uno di quei casi di cronaca nera rimasti impressi nel ricordo collettivo, un caso che, a distanza di tanti anni, divide ancora
l’opinione pubblica in innocentisti e colpevolisti.
crediti foto: ufficio stampa